Odori intensi di incenso, spezie e vita,
colori accesi di stoffe e tappeti che contrastano con il bianco delle case, il
richiamo alla preghiera del muezin che irrompe nel frastuono delle medine:
benvenuti in Marocco.
Per decenni sotto il protettorato
francese, il Marocco è una terra di contrasti: accanto agli insediamenti
medievali, costituiti da intricati labirinti di viuzze e piazzette anguste
puntellate da minareti, si trovano le Ville Nouvelle, i quartieri nuovi
costruiti dai francesi, con ampi boulevard e case residenziali.
Per questa volta mi sono affidata ad un
viaggio organizzato, un po’ per problemi linguistici, un po’ per comodità negli
spostamenti e un po’ per differenze culturali (qui il link al tour che
ho scelto).
DAY 1
Il primo approccio con il Marocco è la
città di Casablanca (dove sono atterrata la sera precedente). Sicuramente non
ha il fascino delle altre città simbolo del paese, ma è il cuore economico
della nazione: lo si percepisce dagli uomini d’affari che si affrettano con la
loro ventiquattr’ore, dai grandi alberghi e dallo sviluppo urbanistico che sta
vivendo. Pochi sono i luoghi d’interesse turistico ma colpisce l’atmosfera che
si respira nei suoi quartieri, grazie anche al mito del film “Casablanca”.
TIP
Dovete sapere che nemmeno una scena del
film “Casablanca” è stata girata qui, ma la città e l’ambiente cosmopolita che
vi regnava durante la guerra, erano stati riprodotti alla perfezione,
diventando il primo approccio visivo alla vita nel Maghreb per molti
occidentali. L’emblema è il Rick’s Cafè, locale che lambisce l’Ancienne Medina
della città: qui si sorseggia un caffè sulle note di “As time goes by”.
L’area del centro conserva palazzi in
stile moresco, una corrente architettonica sviluppatasi tra gli anni Venti e
Trenta, che unisce lo stile coloniale francese all’architettura tradizionale
marocchina. Place Mohammed V è il fulcro della zona: la incorniciano edifici
pubblici con influenze art decó e art nouveau, come la vecchia stazione di
polizia degli anni Trenta, il Palazzo di Giustizia del 1925 e, poco più in là,
la Posta Centrale (1918-1920) e la Banque al-Maghrib. È in costruzione il
maestoso Théâtre de Casablanca, progettato dal francese de Portzamparc. Il
quartiere antico di Casablanca, l’Ancienne Médina, è formato da edifici
risalenti al XIX secolo, niente a che vedere con le medine medievali delle
altre città marocchine. I punti principali di accesso sono la porta di Bab
Marrakech e la porta accanto alla Torre dell’Orologio, simbolo della città.
Quest’ultima è una ricostruzione degli anni Novanta, che riproduce l’originale
del 1911, distrutta nel 1950 per le pessime condizioni in cui versava. Nella
zona vicina al porto, si può vedere quanto rimane delle fortificazioni della
città, risalenti al XVIII secolo. Una passeggiata tra i suoi vicoli, le piccole
piazze alberate e una sosta nei suoi cafè è d’obbligo prima di arrivare alla
Moschea di Hassan II.
In posizione dominante sull’oceano Atlantico, il
complesso fu voluto dal re Hassan II per celebrare il suo sessantesimo
compleanno. In parte finanziata da una sottoscrizione pubblica, è considerata
la terza moschea al mondo per dimensioni dopo quelle della Mecca e di Medina, e
può ospitare 25.000 fedeli. Oltre 6000 artigiani hanno scolpito le preziose
decorazioni della sala della preghiera, in legno di cedro e granito rosa di
Agadir, mentre le fontane a forma di loto per le abluzioni al piano interrato
sono scolpite nel marmo locale.
TIP
Per poter visitare la moschea è
necessario avere un abbigliamento decoroso, con ginocchia e braccia coperte, ma
per le donne non è necessario indossare il velo. Il biglietto d’ingresso è di
120 dh, circa 11€.
Il quartiere Habous (o Nouvelle Médina)
è una versione idealizzata di una medina tradizionale, costruito dai francesi
negli anni Trenta con standard occidentali, per ospitare i primi immigrati
provenienti dalle campagne negli anni Venti. Qui sorge anche il Palazzo Reale,
chiuso al pubblico, ma del quale si può ammirare il magnifico portale d’ingresso.
TIP
Il Marocco è una monarchia
costituzionale e il re ha un palazzo in ogni città principale della nazione.
Un tragitto di circa un’ora in pullman e
arrivo a Rabat, capitale del Marocco. Anche questa città, come Casablanca, non
è inserita spesso negli itinerari turistici ma ha monumenti da vedere e
quartieri caratteristici da esplorare. Il nome deriva dal ribat, il
monastero-fortezza che i berberi crearono come nucleo fondante del loro regno
indipendente.
Tour Hassan, Rabat Foto di Martina |
•Il posto è incantevole ma state attenti quando i “camerieri” vi fanno il conto: capita che possano gonfiare i prezzi per fregarvi qualche dirham, occhio!
Vicoli della kasbah, Rabat Foto di L. Frabotta |
Il sole tramonta e riflette i suoi colori rossastri sulle acque del Bau Regreg e sui muri bianchi delle case: torno in albergo per cena assaporando già la giornata di domani!
DAY 2
La sveglia suona presto: prima di raggiungere nel tardo pomeriggio Fes, andrò a vedere Volubilis, il sito archeologico meglio conservatosi in Marocco (Patrimonio UNESCO dal 1997) e visiterò Meknes, altra città imperiale che deve i suoi fasti al sultano Moulay Ismail.
Arrivo a Volubilis in circa tre ore di pullman: la città venne fondata nel corso del III secolo a.C. da mercanti cartaginesi. Nel 40 d.C. venne conquistata dai Romani e divenne uno dei luoghi più remoti dell’impero. Il sito si estende su oltre 40 ettari ma è stato riportato alla luce solo per metà. Nel piccolo museo, subito dopo l’ingresso, sono esposti gli oggetti rinvenuti nel corso degli scavi. Passeggiando nel sito, si ammirano il campidoglio, la basilica, il foro e l’arco di trionfo. Eretto in marmo nel 217 in onore di Caracalla e della madre Giulia Domna, venne ricostruito negli anni Trenta. Lungo il Decumanus Maximus, uno degli assi principali dell’antica città, si dispongono ricche domus, decorate con mosaici che sono il valore aggiunto alla visita (ingresso 10 dh, l’equivalente di 1€!).
Volubilis Foto di Martina |
Meknes dista solo 30 km: prima di
raggiungerla, spicca la cittadina di Moulay Idriss, una delle principali mete
di pellegrinaggio del paese, il cui profilo a forma di dromedario è
inconfondibile. Questa prende il nome dal santo più venerato di tutto il
Marocco, pronipote di Maometto, primo capo islamico e fondatore della prima
dinastia reale marocchina: la sua tomba è nel cuore del paesino. In mezz’ora
sono a Meknes che, per l’estrema vicinanza con Fes, è messa in ombra e non
valorizzata quanto dovrebbe, pur vantando un passato da città imperiale. Il
cuore della Medina, il quartiere antico, è Place el-Hedim; qui, in precedenza,
sorgeva una kasbah ma, una volta eretta la porta monumentale Bab el-Mansour, la
più imponente tra tutte le porte imperiali del Marocco, il re ordinò di farla
demolire per costruire un’ampia piazza e poter ammirare il portale in tutta la
sua magnificenza. La piazza ha molti punti in comune con la più grande Jemaa
el-Fna di Marrakech: è un brulicare di ogni tipo di attività, dalle bancarelle,
ai giochi dei bambini, agli intrattenimenti musicali. Da qui si può fare un
giro nel mercato coperto, dove sono esposte piramidi di datteri, olive, noci e
dolcetti; ai più sensibili, consiglio di evitare la parte delle “macellerie”,
dove si ammassano le carcasse degli animali e l’odore è molto forte e
penetrante!
Un pó distanti dal cuore pulsante di Meknes, i giganteschi granai di
Heri es-Souani meritano una visita: i locali erano mantenuti sempre freschi
grazie alle pareti massicce e ad un sistema di canali sotterranei. Le stalle
annesse potevano ospitare oltre 12.000 cavalli: le file erano disposte in modo
che gli stallieri avessero la massima visibilità dei loro destrieri in un’area
molto vasta. Oggi sono prive del tetto, crollato durante un terremoto nel XVIII
secolo.
La giornata è stata molto intensa: non
rimane che raggiungere l’albergo di Fes per una cenetta e un bel sonno
ristoratore!
DAY 3
Fes la spirituale: questo è l’appellativo che i marocchini usano per il più antico centro di formazione di studiosi, imam e artigiani; è da qui che provengono gli alti dirigenti del paese. Capitale per lungo tempo, il Palazzo Reale presenta dei mastodontici portali in ottone, decorati da raffinate zellij ed elementi lignei di cedro intagliato: provate a toccare i battenti e vi renderete conto di quanto siano alti! Prima di raggiungere la medina, croce e delizia di questa città, giro per il mellah, il quartiere ebraico, fondato a partire dal XIV secolo: la particolarità delle case è data dai balconi che danno sulla strada, usati in passato dalle donne per guardare il via vai delle strade. Ormai sono arrivata ad uno degli ingressi del centro storico, la medina antica: c’è un qualcosa di particolare in queste stradine anguste e tortuose, in queste case fatiscenti, nelle fontane mosaicate che sorvegliano i crocevia, se ancora oggi 70.000 persone vi abitano, rendendola la zona urbana pedonale più vasta al mondo.
Fes la spirituale: questo è l’appellativo che i marocchini usano per il più antico centro di formazione di studiosi, imam e artigiani; è da qui che provengono gli alti dirigenti del paese. Capitale per lungo tempo, il Palazzo Reale presenta dei mastodontici portali in ottone, decorati da raffinate zellij ed elementi lignei di cedro intagliato: provate a toccare i battenti e vi renderete conto di quanto siano alti! Prima di raggiungere la medina, croce e delizia di questa città, giro per il mellah, il quartiere ebraico, fondato a partire dal XIV secolo: la particolarità delle case è data dai balconi che danno sulla strada, usati in passato dalle donne per guardare il via vai delle strade. Ormai sono arrivata ad uno degli ingressi del centro storico, la medina antica: c’è un qualcosa di particolare in queste stradine anguste e tortuose, in queste case fatiscenti, nelle fontane mosaicate che sorvegliano i crocevia, se ancora oggi 70.000 persone vi abitano, rendendola la zona urbana pedonale più vasta al mondo.
Veduta della medina, Fes Foto di Martina |
Passando per il mercato alimentare (tappatevi il
naso!), si raggiunge la Medersa Bou Inania, la scuola coranica più bella di
Fes. Costruita tra il 1351 e il 1357, è decorata da zellij, da raffinati
stucchi e da grate in legno di cedro e porte in ottone. Al suo interno è
racchiusa una moschea dal minareto rivestito di piastrelle verdi. Di fronte al
suo ingresso, si intravede l’orologio ad acqua, al-Magana, risalente al XIV
secolo e progettato da un esperto in pratiche magiche. Travi scolpite
sostenevano ciotole in ottone dove vi scorreva acqua per segnare le ore:
purtroppo, il funzionamento del meccanismo è morto con il suo ideatore. La
medina è puntellata da funduq, edifici che, in un tempo passato, ospitavano i
mercanti con le loro carovane: disposte intorno ad un cortile centrale, le
camere sono articolate su più livelli.
Lavorazione delle pelli, Fes Foto di Martina |
Ci si comincia ad addentrare nei
quartieri degli artigiani: incontro quello delle calzature e dei conciatori
(l’odore è inconfondibile!). Per poter dare un’occhiata alle vasche e al processo
produttivo del pellame, non esitate ad entrare in uno dei negozi che si aprono
lungo le mura: tutti hanno una terrazza dalla quale godere della vista
completa, senza essere presi alla gola dall’odore troppo forte di tinture,
pelli, animali e quant’altro. È poi la volta di attraversare il souq
dell’henné, con bancarelle di prodotti cosmetici, e quello dei carpentieri per
giungere al complesso della moschea Kairaouine e dell’Università, la più antica
del mondo, fondata nel IX secolo. L’accesso è interdetto ai non musulmani: mi
devo accontentare di una semplice sbirciatina al cortile!È la volta di
proseguire verso Place as-Seffarine, la piazza degli artigiani che lavorano
l’ottone, per concludere il giro nel mercato di R’cif, famoso per la freschezza
dei suoi prodotti.
Ho camminato più di 5 km all’interno delle medina: posso
dire che non ha più segreti per me!
TIP
Negli ultimi anni è in corso una lenta ristrutturazione della medina: molti stranieri hanno acquistato le vecchie case dei fassini, ben contenti di abbandonare condizioni di vita arcaiche per le comodità di appartamenti nella Ville Nouvelle. I riad (case con cortile) sono stati i primi ad essere stati oggetto di trasformazione in alberghi e ristoranti; ora, anche i fonduq (caravanserragli) e i souq stanno affrontando questo processo di modernizzazione.
Negli ultimi anni è in corso una lenta ristrutturazione della medina: molti stranieri hanno acquistato le vecchie case dei fassini, ben contenti di abbandonare condizioni di vita arcaiche per le comodità di appartamenti nella Ville Nouvelle. I riad (case con cortile) sono stati i primi ad essere stati oggetto di trasformazione in alberghi e ristoranti; ora, anche i fonduq (caravanserragli) e i souq stanno affrontando questo processo di modernizzazione.
Il dedalo di vie percorse, la particolarità degli edifici
visti, gli odori forti, gli artigiani a lavoro nelle loro botteghe, il
sonnellino all’ombra della propria mercanzia: tante cose oggi sono passate
davanti ai miei occhi, lontanissime dal mondo in cui vivo e, per questo,
meritano del tempo per essere assimilate e capite. Il pullman passa a prendermi
per riportarmi in albergo, coccolata dai comfort occidentali. Ceno e cerco di
andare a letto presto: domani mi aspettano 500 km per raggiungere Marrakech!
DAY 4
Da Fes, andando verso sud, si raggiunge
Marrakech attraversando i monti del Medio Atlante. Lo scenario che si delinea
è, dapprima, quello verdeggiante delle foreste di cedro e querce che sfuma in
distese aride e spoglie, avamposti del deserto. I chilometri sono molti ma il
desiderio di giungere nella “città rossa” è tale da farli dimenticare. Una
prima sosta è nella cittadina di Ifrane: attraversandola, non sembra di essere
in Marocco! Le casette dai tetti rossi, il verde urbano, i viali con le aiuole
fiorite richiamano centri di villeggiatura alpini. E proprio questo era
l’intento dei francesi che la costruirono negli anni Trenta: l’aria
piacevolmente fresca e l’altitudine (ca 1600 m) la rendono la meta agognata dai
marocchini nelle torride estati. Simbolo della cittadina é la statua in pietra
di un leone, scolpita da un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale,
che commemora l’uccisione dell’ultimo leone selvatico dell’Atlante, nei pressi
di Ifrane, avvenuta negli anni Venti. Se avete tempo, fate una bella
passeggiata/escursione nel parco nazionale che circonda la zona urbana: sarete
ritemprati!
Bando alle ciance, si riprende il
pullman: la sosta successiva è per il pranzo, nella cittadina di Beni Mellal,
per poi macinare gli ultimi chilometri tutti d’un fiato: entro a Marrakech da
un bellissimo viale fiancheggiato da palme e già incomincia l’innamoramento.
Piazza Jemaa el-Fna, Marrakech Foto di Martina |
Una
rapida sistemata in albergo, cena e poi taxi alla volta di Jemaa el-Fna, la piazza
simbolo della città, dichiarata dall’UNESCO capolavoro del patrimonio orale e
immateriale dell’umanità per l’halqa, il teatro di strada che vi si svolge da
metà mattina a sera inoltrata.
TIP
Se vi volete muovere con i taxi, è bene
contrattare con il tassista la tariffa prima di salire sull’auto: state sicuri
che il tassametro non lo attiverà!
“La Place”, come tutti la chiamano, è
sconfinata: dalle foto che avevo visto, non me la sarei immaginata tanto
grande! Il cuore é occupato da una distesa infinita di bancarelle
gastronomiche, dove i cuochi cucinano i piatti sul momento, dilettando il
palato degli avventori, seduti in tavolate che ricordano le sagre nostrane.
Tutt’intorno, si assiste ai più svariati spettacoli: musicisti berberi suonano
accanto a clown e trampolieri; ragazze ballano la danza del ventre accanto ad
astrologi e chiromanti; non mancano quelli che tentano di metterti sulla spalla
delle scimmiette ammaestrate per la classica foto da turista. L’atmosfera che
si respira è difficilmente descrivibile: è fatta di suoni, luci, colori e odori
ma anche dello stato d’animo con cui la si vive. Perché non cambiare
prospettiva e guardarla dall’alto? La Place è circondata da locali e cafè con
terrazze panoramiche: scelgo “Le Grand Balcon Cafè Glacier”, dal quale lo
sguardo abbraccia l’immensità di questa piazza. Appena mi affaccio uno “wow” mi
è sfuggito! Che sia bevendo una tazza di tè alla menta (bevanda nazionale), di
caffè o sorseggiando una bibita, lasciate che Jemaa el-Fna vi racconti la sua
storia millenaria.
DAY 5
La giornata è interamente dedicata alla
visita della “città allegra”, come la chiamano i marocchini. Colazione e via,
in direzione Giardini Menara.
Giardini Menara, Marrakech Foto di L. Frabotta |
Seconda tappa è il Palais de la Bahia,
il sontuoso palazzo iniziato dal gran visir Si Moussa intorno al 1860 e
ulteriormente arricchito dallo schiavo divenuto visir Abu Bou Ahmed, tra il
1894 e il 1900.
Palais de la Bahia, Marrakech Foto di Martina |
Uscita da questa meraviglia per gli
occhi, mi avvicino a quello che è uno dei simboli della “città rossa”: la
moschea della Koutoubia. La leggenda locale narra che l’originaria moschea non
fosse perfettamente allineata con La Mecca e che, per questo motivo, venne rasa
al suolo dai devoti Almohadi che ne eressero una conforme ai precetti del
Corano. La moschea e il minareto che si ammirano oggi risalgono al XII secolo:
il quel periodo la zona era il luogo di ritrovo di centinaia di librai,
kutubiyyin, e da ciò deriva il suo nome. Il minareto, alto 70 metri, venne
preso a modello per la Giralda di Siviglia e per la Tour Hassan di Rabat.
Moschea della Koutoubia, Marrakech Foto di Martina |
Da qui, mi rimmergo nell’affascinante
spettacolo di piazza Jemaa el-Fna: di giorno, le bancarelle dello street food
cedono il posto agli incantatori di serpenti e al suono dei loro flauti, alle
signore che propongono tatuaggi all’hennè, agli anziani che suonano il violino.
Non mi stancherei mai di scrutarne ogni angolo per scoprire altri
intrattenimenti da cui farmi incuriosire! Da qui si entra nella medina e nei
diversi souq, dove è facile perdersi tra le bancarelle di souvenir e di oggetti
di artigianato. Qua e là, ci sono i funduq a ricordarci del passato di
Marrakech come punto di sosta per le carovane di cammelli provenienti dal
deserto. Nel Medioevo, questi complessi erano costituiti da diversi edifici,
riuniti intorno ad un cortile interno, con stalle e botteghe al piano terra e
camere da poter affittare al piano superiore. Ne sono sopravvissuti circa 140,
molti trasformati in complessi artigianali, come il Funduq el-Amir su Rue Dar
el-Bacha. Nell’intrico dei derb, i vicoli della medina, oggi si aprono musei
privati che mirano a diffondere la cultura e la storia della città. Le Jardin Secret è uno di questi:
l’antico riad apparteneva al capo locale U-Bihi, avvelenato da Mohammed IV.
Passeggiate nel giardino esotico e nel giardino islamico, alimentato da un
sistema di irrigazione sotterraneo; non perdetevi le mostre sulla storia del
riad nel padiglione centrale; salite sulla torre per avere una visione meno
caotica della medina e, infine, sedetevi al caffè per una buona tazza di tè:
sarà uno dei modi migliori per immergervi nella realtà marocchina.
È tempo di rientrare in albergo per
rilassarsi un pochino, prima della cena spettacolo che mi aspetta da Chez Ali. Il locale è un vero
e proprio castello, ispirato alle atmosfere delle 1001 notte: a primo acchitto,
può dare l’impressione di una trappola per turisti ma, superato il primo
momento shock, devo dire che mi sono molto divertita! Sono stata accolta dai
canti delle tribù berbere prima di prendere posto sotto delle tipiche tende
marocchine per la cena: zuppa di legumi, agnello aromatizzato alla menta, cous
cous di pollo e verdure. In un’arena allestita all’interno del complesso, ho
assistito, poi, ad uno show di cavalli berberi e di razza araba, alle
evoluzioni acrobatiche di fantini, sempre a dorso di cavallo, e alla danza del
ventre: è stata una serata diversa, molto allegra, che si è conclusa andando ad
esplorare la Grotta di Ali Babà e dei 40 ladroni (qui ricostruita)!
DAY 6
Non si può lasciare Marrakech senza aver
passeggiato negli splendidi Jardin Majorelle, dono di Yves Saint
Lauren alla città che lo aveva adottato. La villa, caratterizzata da un
inconfondibile blu elettrico, e il giardino erano di proprietà del paesaggista
Jacques Majorelle e vennero acquistati da Saint Lauren e dal compagno Pierre
Bergè.
Jardin Majorelle, Marrakech Foto di Martina |
L’idea di lasciare Marrakech mi mette un
po’ di tristezza, ma, fortunatamente, prima del trasferimento a Casablanca, ci
dirigiamo verso la kasbah per visitare le Tombe dei Saaditi. Il sultano saudita
Ahmed al-Mansour ed-Dahbi fece erigere la Sala delle Dodici Colonne in marmo di
Carrara, con decorazioni in stucco a nido d’apertura in oro puro, per ospitare
la sua salma, e la Sala delle Tre Nicchie per i suoi favoriti; relegò nelle
tombe del giardino collaboratori e mogli. A pochi anni di distanza dalla sua morte,
occorsa nel 1603, il sultano alawita Moulay Ismail fece sigillare le Tombe dei
Saaditi, per sbarazzarsi della memoria dei predecessori. Oggi questo
ricchissimo mausoleo è accessibile da un angusto passaggio situato nella
Moschea della Kasbah.
È proprio giunto il momento di salutare
questa città affascinante: un trasferimento di circa tre ore, in pullman, mi
riporta a Casablanca.
Non si può sprecare l’ultima sera in
Marocco rimanendo in albergo quindi, dopo cena, si esce per fumare il narghilè.
Non è stato facile trovare un locale in centro dove lo si potesse fumare
(affidatevi ai concierge!) ma, alla fine, trovo questo cafè, Kan Ya Makan,
vicino al boulevard Mohammed Zerktouni. Superate le prime reticenze date dal
“muro” di fumo in cui si entra, è un locale molto carino, dove si sorseggiano
tè e caffè, tra una boccata di narghilè e l’altra.
DAY 7
La vacanza volge ormai al termine:
all’ora del pranzo la navetta passerà a prendermi per andare in aeroporto. Non
mi rimane che passeggiare sul lungo oceano (io, al massimo, passeggio sul
lungotevere a Roma!) fino a raggiungere quanto rimane delle antiche
fortificazioni di Casablanca, nella zona settentrionale della medina,
prospiciente l’area del porto.
Saluto la città e il Marocco con la splendida
vista panoramica che si gode dal bastione sqala: au revoir!
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