Nel bimillenario dalla morte del grande poeta latino Publio Ovidio Nasone,
la mostra ospitata alle Scuderie del Quirinale “Ovidio. Amori, miti e altre storie” vuole rendere omaggio a colui
che seppe affascinare la raffinata società romana con i propri versi. Versi
immortali, che cantano l’amore e il mito, e che hanno largamente influenzato la
cultura latina, perpetuando la loro eco nel Medioevo, nell’Umanesimo e nel
Rinascimento.
Attraverso più di duecento opere, tra sculture antiche, manoscritti
medievali, affreschi e dipinti moderni provenienti da importanti musei
nazionali ed internazionali, si snoda un percorso espositivo tematico alla
scoperta della vis poetica ovidiana.
Si parte dall’eros e dalla seduzione per giungere al mito e al rapporto con il potere: la curatrice, Francesca Ghedini, ha studiato le opere di Ovidio con l’occhio dello storico dell’arte perché, come lei stessa afferma, “le immagini sono dentro le sue descrizioni, le sue parole".
Si parte dall’eros e dalla seduzione per giungere al mito e al rapporto con il potere: la curatrice, Francesca Ghedini, ha studiato le opere di Ovidio con l’occhio dello storico dell’arte perché, come lei stessa afferma, “le immagini sono dentro le sue descrizioni, le sue parole".
La complessità di questa esegesi si evince già dalla prima sala in cui sono
accostate “Maxima Proposito”, opera dell’artista contemporaneo Joseph Kosuth,
il più antico codice miniato delle Metamorfosi, risalente all’XI-XII secolo, e
la prima versione a stampa delle opere ovidiane, risalente al 1471: tutto ciò a
simboleggiare quanto la cultura occidentale gli sia debitrice. Seguendo il fil rouge degli Amores, vediamo come Ovidio dia la sua personale lettura degli dei
della religione romana, in aperto contrasto con l’opera moralizzatrice
promulgata nello stesso periodo dall’imperatore Augusto: non divinità austere,
garanti dell’ordine cosmico, ma uomini governati dagli stessi sentimenti e
dalle stesse passioni dei mortali.
Ecco che Venere, dea dell’amore, appare come una donna frivola e maliziosa, intenta a coprire e, al tempo stesso, a mostrare la sua nudità, atteggiamento civettuolo che riscontriamo sia nella Venere Pudica del Botticelli che nella statua di Afrodite in prestito dagli Uffizi, ben lontano dall’austerità e dal matronale contegno della progenitrice della stirpe Giulia. L’immagine di Giove seduttore ed amante focoso, preda della bellezza femminile, che emerge dai versi del poeta di Sulmona è stata fonte d’ispirazione per pittori del Rinascimento e del Barocco, come vediamo nel “Ratto di Europa” del Tintoretto, qui in mostra.
Ampio spazio è dedicato, poi, alle Metamorfosi, il grande poema delle passioni e delle meraviglie, nel quale le oltre 250 storie mitologiche narrate costituiscono le radici dell’immaginario poetico e figurativo dell’Occidente. I protagonisti sono dei, ninfe, figli di re o semplici mortali ma tutti sono accomunati dalla molla del desiderio: le vicende sentimentali terminano tutte con una trasformazione in altro da sè, come eterna ricompensa o eterna dannazione. Ovidio ha avuto la capacità di consegnare ai posteri personaggi come Ermafrodito, Narciso e Fetonte le cui storie, a partire dal XIV secolo, animarono la fantasia di artisti, incisori e ceramisti.
Statua di Augusto, prestito da Aquileia Foto di Martina |
Ecco che Venere, dea dell’amore, appare come una donna frivola e maliziosa, intenta a coprire e, al tempo stesso, a mostrare la sua nudità, atteggiamento civettuolo che riscontriamo sia nella Venere Pudica del Botticelli che nella statua di Afrodite in prestito dagli Uffizi, ben lontano dall’austerità e dal matronale contegno della progenitrice della stirpe Giulia. L’immagine di Giove seduttore ed amante focoso, preda della bellezza femminile, che emerge dai versi del poeta di Sulmona è stata fonte d’ispirazione per pittori del Rinascimento e del Barocco, come vediamo nel “Ratto di Europa” del Tintoretto, qui in mostra.
Ampio spazio è dedicato, poi, alle Metamorfosi, il grande poema delle passioni e delle meraviglie, nel quale le oltre 250 storie mitologiche narrate costituiscono le radici dell’immaginario poetico e figurativo dell’Occidente. I protagonisti sono dei, ninfe, figli di re o semplici mortali ma tutti sono accomunati dalla molla del desiderio: le vicende sentimentali terminano tutte con una trasformazione in altro da sè, come eterna ricompensa o eterna dannazione. Ovidio ha avuto la capacità di consegnare ai posteri personaggi come Ermafrodito, Narciso e Fetonte le cui storie, a partire dal XIV secolo, animarono la fantasia di artisti, incisori e ceramisti.
Acuto osservatore della società romana, il suo erotismo libero e divertito,
la vena giocosa e canzonatoria della sua penna, spesso irridente nei confronti
degli dei, lo resero nemico dell’imperatore Augusto che lo esilió sul Mar Nero,
a Tomi, da dove non fece più ritorno. Publio Nasone Ovidio, grazie a questa
mostra, riacquista un posto in primo piano tra i grandi poeti della latinità:
gli Amores, le Metamorfosi, le Heroides e l’Ars Amatoria hanno
conferito fama ed immortalità al loro autore.
Mi è venuta voglia di visitare la mostra! Mi è piaciuta la recensione che ho trovato completa ed esaustiva pur nella sua sinteticità.
RispondiEliminaQuesta rubrica nasce proprio per consigliarvi sulle mostre in corso in città: sono contenta di aver centrato l'obiettivo!
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