Ai tempi in cui il
Papa governava Roma, ogni forma di opposizione politica era sedata con le
maniere forti. Il popolo non aveva modo di ribellarsi all’arroganza dei potenti
nè ai soprusi dei nobili: l’unica arma che possedeva era la voce, satirica e
rigorosamente anonima, affidata a degli “eroi di pietra”, statue antiche che
ornavano i crocevia della città.
Nottetempo, a partire dal XVI secolo, su
queste statue venivano appesi cartelli canzonatori nei confronti del papa: le
sculture prescelte erano sei e si trovavano (e si trovano tutt’ora) in luoghi
molto frequentati della città, in maniera tale che tutti avessero potuto
leggere i versi satirici prima che fossero rimossi dalle guardie pontificie.
Pasquino Foto di Martina |
La statua più famosa del cosiddetto Collegio degli Arguti era Pasquino, quanto rimane di un gruppo ellenistico del III sec. a.C., sistemato nel 1501 sul retro di Palazzo Braschi, a due passi da piazza Navona. Prende il nome da un sarto vissuto nel Quattrocento, la cui bottega affacciava proprio sulla piazzetta che oggi porta il suo nome. Costui era noto più per per le battute argute con cui commentava le vicende cittadine che per il suo lavoro. L’abitudine di affiggere su Pasquino critiche nei confronti dei soprusi dei potenti venne detta pasquinata e coinvolse altre statue classiche, alle quali la tradizione popolare assegnò dei soprannomi.
Marforio è una di queste ed era considerata la
spalla di Pasquino: le due statue dialogavano spesso in un botta e risposta su
temi sociali e politici. La figura barbuta, distesa su un fianco,
rappresenterebbe o Nettuno o l’allegoria di un fiume (forse il Tevere): fino al
1588 era collocata nella parte settentrionale del Foro Romano, per essere, poi,
spostata in quell’anno nel cortile di Palazzo Nuovo, ala dei Musei Capitolini.
Per il nome circolano due ipotesi: deriverebbe o dall’espressione “Marte in
Foro”, essendo stata rinvenuta nei pressi del tempio di Vespasiano,
erroneamente ritenuto in quel periodo il Tempio di Marte; oppure da “mare in
foro”, in riferimento al significato allegorico del personaggio raffigurato.
Le altre statue che
fanno parte del Collegio sono Madama Lucrezia, l’abate Luigi, il
Facchino e il Babuino.
Madama Lucrezia è un busto femminile marmoreo
proveniente dal Tempio di Iside e raffigurante la stessa divinità. Si trova in
piazza San Marco, all’ingresso di Palazzetto Venezia. Il soprannome deriva da
Lucrezia d’Alagno, nobildonna vissuta nel XV secolo e amante del re di Napoli
Alfonso V d’Aragona. Trascorse un lungo periodo a Roma, abitando proprio nelle
vicinanze della scultura, che da lei prese il nome.
L’abate Luigi, invece,
si trova lungo il muro sinistro della chiesa di Sant’Andrea della Valle, non
lontano da piazza Navona. La statua rappresenta un uomo togato che, per la
somiglianza con il sacrestano della vicina chiesa del Sudario, assunse questo
soprannome.
Il Facchino è una piccola fontana del XVI secolo che rappresenta
una figura maschile nell’atto di versare acqua da una botte. Le vesti che
indossa sono quelle tipiche della corporazione dei facchini, da cui il nome.
Originariamente collocata su un palazzetto lungo via del Corso, a causa della
demolizione dello stesso, fu spostata nel 1874 su via Lata.
L’ultima statua
parlante è il Babuino, figura di sileno sdraiato davanti alla chiesa di
Sant’Attanasio, lungo via del Babuino. È l’elemento decorativo di una fontana
rinascimentale usata per abbeverare i cavalli e prende il nome dal ghigno
dipinto sul volto del sileno.
L’usanza di appendere
versi satirici sulle statue si è persa con l’Unitá d’Italia e la caduta del
Regno Pontificio: solo Pasquino rimane fedele alla tradizione. La sua base è,
infatti, tuttora ricoperta da foglietti con battute audaci, rigorosamente
anonimi: se passate dalle parti di piazza Navona, fermatevi a leggerli!
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