Il Museo di Roma, all’interno di Palazzo Braschi, è la cornice di una
straordinaria mostra-evento su Antonio Canova, genio indiscusso della scultura
del Settecento. Attraverso oltre 170 opere provenienti da importanti musei e
collezioni italiane e straniere, si ripercorre l’arte canoviana e il rapporto
tra lo scultore e la città eterna, nella quale giunse nel 1779, appena
ventiduenne.
Attento studioso dei monumenti, delle opere e dei marmi inseriti nel
contesto urbano, nel percorso espositivo sono delineati gli itinerari che lo
stesso Canova intraprese a Roma. Stabilitosi a Palazzo Venezia, ambasciata
della Serenissima, venne introdotto in un ristretto cenacolo di artisti e
studiosi, frequentando i quali perfezionó i suoi talenti. I tesori ammirati ai
Musei Capitolini e ai Musei Vaticani, i marmi delle collezioni Farnese e
Ludovisi, furono di grande ispirazione nella realizzazione delle importanti
commissioni che lo scultore ricevette, quali i monumenti funerari di Clemente
XIV, Clemente XIII e degli ultimi Stuart. Nelle sue riflessioni romane,
l’artista giunse alla conclusione che la classicità dovesse essere il filtro
attraverso il quale plasmare il Moderno.
Amorino Alato, Antonio Canova Foto di Martina |
Acclamato dai suoi contemporanei come nuovo Fidia, cercò di rincorrere la
semplicità come estremo fine della sua arte, incentrata sul parallelo
antico-moderno, cardine della coeva poetica neoclassica. Lo splendido marmo
dell’Amorino Alato ne è un esempio, concepito come corrispettivo moderno
dell’Eros Farnese; nella stessa sala, viene messo a confronto con un altro
marmo, la Maddalena Penitente, creazione di genere patetico, completamente
estranea al bello ideale: l’effetto è stupefacente.
La fama di Canova si lega in modo inscindibile alla città di Roma, che si
riafferma come principale centro dell’arte moderna, venendo coinvolto nella
gestione e nella salvaguardia del suo patrimonio artistico come Ispettore
generale delle Belle Arti nel 1802. Fu protagonista della stagione più gloriosa
della politica pontificia per la tutela, riuscendo a recuperare opere emigrate
in Francia sotto Napoleone: per questo ottenne il titolo di marchese e il suo
studio romano divenne una delle tappe imprescindibili del Grand Tour. Ecco che,
lungo il percorso della mostra, grazie a ricercate soluzioni illumino-tecniche,
è rievocata la calda atmosfera delle torce, alla luce soffusa delle quali
Canova mostrava le sue opere esposte nell’atelier di via delle Colonnette: il
visitatore è invitato a parteciparvi.
La Danzatrice, Antonio Canova Foto di Martina |
Una “mostra nella mostra” è costituita dalle 30 fotografie di Mimmo Jodice che
immortalano le opere di Canova sotto la prospettiva del tutto inedita e
sorprendente di uno dei più grandi maestri della fotografia. Alla fine del
percorso, su di un piedistallo girevole, vi attenderà La danzatrice con le mani
sui fianchi, in prestito dall’Ermitage: Canova in questo capolavoro di
leggerezza ha vinto la sfida di rendere nel marmo la lievità di un passo di
danza.
Sicuramente, al momento di fare il biglietto, avrete notato nel cortile di
Palazzo Braschi, un’installazione raffigurante la più contemporanea riproduzione
in scala reale del gruppo scultoreo canoviano Amore e Psiche giacente; pensate
che, a partire da una scansione 3D del gesso preparatorio della scultura, oggi
esposta al Louvre, un robot ha scolpito incessantemente per 270 ore un blocco
di marmo di Carrara di 10 tonnellate!
Non dimenticate di vedere il documentario sul perchè della realizzazione dell’opera: è sempre forte la volontà di rendere omaggio all’estro creativo di Canova.
Non dimenticate di vedere il documentario sul perchè della realizzazione dell’opera: è sempre forte la volontà di rendere omaggio all’estro creativo di Canova.
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