Come tutte le città attraversate da un fiume, Roma ha un legame viscerale
con il Tevere. Infatti, non lontano dalle sue sponde, nel 753 a.C. venne
fondata da Romolo e per secoli le bionde acque del fiume vennero usate per
trasportare merci. Fiorirono molti porti e zone commerciali lungo il suo
tracciato, per sopperire alle crescenti esigenze di una città in continua
espansione.
TIP: molti furono i porti in età romana: il Porto Tiberino, in
corrispondenza dell’Isola Tiberina, il Porto del Foro Boario, quello
dell’Emporio, sotto il colle Aventino, il Porto di Ripa Grande e il Porto di
Ripetta.
Tuttavia, il Tevere non è sempre stato un placido padre, anzi, numerose
sono state le sue inondazioni e i danni provocati. Per questo motivo, con
l’Unità d’Italia e la scelta di Roma capitale del nuovo regno, si decise di
ergere imponenti muraglioni per impedire le piene del fiume; di conseguenza,
tutti i porti vennero distrutti.
La facciata di Santa Maria Sopra Minerva con le targhe delle piene del Tevere Foto di L. Frabotta |
Passeggiando per i rioni della città, un occhio attento noterà, sulle
facciate di edifici privati o di chiese, delle targhe in marmo o in pietra
affisse, a testimonianza dei livelli raggiunti dal Tevere durante le inondazioni.
Andiamo insieme alla loro scoperta!
Dovete sapere che, prima della costruzione dei muraglioni, le case erano
edificate direttamente sulle rive del fiume; durante le piene più severe, la
forza dell’acqua causava il loro crollo e la devastazione di interi quartieri.
Fonti letterarie attestano inondazioni a partire dal V secolo a.C., ma durante
l’età classica e per tutto il corso del Medioevo, sappiamo che Roma subì
inondazioni in media una volta ogni 50/100 anni. È a partire dal tardo Medioevo
che, con alcune trasformazioni che in parte interessarono il corso del fiume,
le piene si fecero più frequenti, causando danni sempre più seri.
La più antica targa esistente si trova ad un’estremità dell’Arco dei
Banchi, uno stretto passaggio che collega via del Banco di Santo Spirito a
corso Vittorio Emanuele, datata 6 Novembre 1277; altre si trovano sulla
facciata di Santa Maria Sopra Minerva, tra le quali spicca quella datata 8
Ottobre 1530, in cui si attribuisce all’intercessione della Vergine Maria
l’aver salvato Roma. La chiesa, a poca distanza dal Pantheon, sorge in uno dei
punti più depressi della città, dove l’acqua raggiungeva livelli più elevati.
Piccole targhe sono collocate anche in via dell’Arancio e in via Canova
riferite all’alluvione del 2 febbraio 1805: su entrambe si trova un’eloquente
incisione di una barca a remi. Facendo ricorso a documenti e fonti storiche,
sono 122 le targhe affisse fino al 1937, anno dell’ultima esondazione del
Tevere; la maggior parte di esse risale ad un arco cronologico che va dal XVI
al XVIII secolo.
Colonna superstite dell'antico Porto di Ripetta con l'indicazione delle piene del Tevere Foto di Martina |
Ai primi dell’Ottocento vennero introdotti gli idrometri,
scale graduate affisse ad un muro o alla parete di un edificio, per
visualizzare meglio il livello raggiunto dal fiume. Presso l’antico Porto di
Ripetta, che sorgeva dove oggi c’è l’Ara Pacis, ne era stato collocato uno nel
1821 molto alto, oggi conservato su una parete della chiesa di San Rocco;
riporta i livelli raggiunti dalle alluvioni del Tevere, anche di quelle occorse
nei secoli precedenti.
TIP: la più devastante fu quella del Dicembre 1598, quando il Tevere
raggiunse i 19,56 metri di altezza; la forza dell’acqua in quell’occasione fu
tale che tre arcate dell’antico Ponte Emilio, oggi Ponte Rotto, furono
demolite, rendendolo definitivamente inutilizzabile.
Del porto, costruito da Alessandro Specchi nel 1704 per volere di papa
Clemente XI, rimangono solo due colonne situate nella piazzetta tra Ponte
Cavour e via Tomacelli, con le indicazioni delle piene.
Che dirvi? Quando si gira per Roma bisogna notare ogni particolare: può
nascondere grandi storie!
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