Il centro storico di Roma è un continuo susseguirsi di palazzi nobiliari, severi nelle loro imponenti facciate che ricordano i fasti delle famiglie che li abitarono e che, in alcuni casi, vi risiedono tutt’oggi.
Con il naso all’insù, oggi ti farò scoprire le meraviglie che si celano all’interno di Palazzo Doria Pamphilj, austera residenza affacciata su piazza del Collegio Romano, a due passi da via del Corso.
Questo palazzo conserva
l’aura del suo glorioso passato, fatto di politica e di unioni tra alcune delle
più importanti famiglie nobili italiane: dai Della Rovere agli Aldobrandini,
dai Pamphilj ai Doria, ai Doria Pamphilj.
Venne costruito in diverse
fasi, tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVIII secolo, quando venne
realizzata la splendida facciata su via del Corso, capolavoro di Gabriele
Valvassori.
I discendenti della nobile
casata di cui il palazzo porta il nome, lo abitano tutt’ora e hanno deciso di
rendere fruibili al pubblico la splendida Galleria e i capolavori in essa
contenuti.
Il Salone da Ballo foto di Martina |
TIP: in seguito
all’emergenza Covid, la Galleria è aperta il lunedì e il venerdì con orario
17.00-20.00; si accede solo previa prenotazione telefonica (biglietto
d’ingresso 14€).
La collezione è composta da più di 400 dipinti, frutto sia del collezionismo di Camillo Pamphilj e della moglie, Olimpia Aldobrandini, sia di acquisti mirati.
La Galleria si compone di
quattro bracci che delimitano il bramantesco cortile interno del palazzo, con
le sue splendide arcate rinascimentali.
TIP: il posizionamento dei quadri segue ancora le indicazioni contenute in un documento del Settecento.
Prima di iniziare la visita vera e propria, è necessario che ti racconti la storia dei tre personaggi che hanno creato questa straordinaria collezione, giunta intatta fino ai giorni nostri.
Papa Innocenzo X nel busto marmoreo di Bernini e nel Ritratto di Velasquez foto di Martina |
Partiamo con Giovanni
Battista Pamphilj, salito al soglio pontificio nel 1644 con il nome di
Innocenzo X. Nel 1651 istituì il fedecommesso Pamphilj, con cui legò in maniera
indissolubile le proprietà famigliari all’istituto della primogenitura,
proibendone la separazione e la vendita.
Il secondo personaggio è
Camillo Pamphilj, nipote di Innocenzo X, nominato proprio dallo zio cardinale
nepote nel 1644. Tuttavia, Camillo abbandonó ben presto la porpora per sposare
Olimpia Aldobrandini, vedova di Paolo Borghese, che portò in dote uno dei più
grandi patrimoni dell’aristocrazia romana. Non solo Innocenzo X legò, con
l’istituzione della primogenitura, tutti i beni della casata al nipote, ma gli
fece anche dono di alcune eredità provenienti da ecclesiastici. Camillo
provvide, poi, ad arricchire le proprietà famigliari con acquisti oculati di
opere d’arte, terreni e immobili.
Veniamo all’ultima
personalità di spicco, Olimpia Aldobrandini, ultima discendente ed erede
universale della ricca e potente famiglia Aldobrandini. Le sue seconde nozze con
Camillo unirono due dei maggiori patrimoni del tempo, ponendo le basi per la
formazione della collezione artistica Doria Pamphilj, ancora oggi una delle più
importanti al mondo. I due coniugi fissarono la loro dimora nel palazzo al
Corso, promuovendo ingenti lavori di ampliamento e di abbellimento; nel tempo
venne qui collocata la raccolta di opere d’arte della sposa, insieme alle
rilevanti acquisizioni Pamphilj. Con la prematura morte di Camillo, nel 1666,
Olimpia proseguì l’opera intrapresa, completando le numerose fabbriche ed
accrescendo il prestigio famigliare. Dalle nozze nacquero cinque figli: il
primogenito divenne erede della primogenitura Pamphilj e della secondogenitura
Aldobrandini, riunendo, così, definitivamente i beni delle due famiglie.
Ora siamo pronti: entriamo!
La visita si apre
passeggiando per i grandi saloni di rappresentanza, riccamente decorati ed
arredati: la Sala del Pussino, il Salone dei Velluti, la Sala da Ballo e la
Sala di Cadmo, che funge da raccordo con la Galleria Aldobrandini, primo dei
quattro bracci. Rimarrai colpito, ad un primo sguardo, dagli affreschi
realizzati da Genesio del Barba sul soffitto e lungo la parte bassa delle
pareti, in uno stile definito “a uso cinese”, e dal susseguirsi di capolavori
di grandissimi artisti, a cominciare da Annibale Carracci e Guido Reni.
Decorazione del soffitto della Galleria Aldobrandini foto di Martina |
Al termine del primo
braccio, un piccolo gabinetto contiene due delle opere più importanti della
collezione, pietre miliari della storia dell’arte, entrambe legate ad Innocenzo
X: il “Ritratto di Innocenzo X” di Velasquez (1650) e il coevo busto marmoreo,
che ritrae sempre il pontefice, ad opera di Gian Lorenzo Bernini.
TIP: se sei stato attento,
avrai notato un altro busto molto simile, all’inizio della Galleria
Aldobrandini, se non fosse per una crepa che taglia di netto la barba del
pontefice. Esistono due aneddoti legati a questo busto: il primo, e più
plausibile, e’ che siamo di fronte al cosiddetto “pelo”, un’imperfezione del
marmo che si rivela solamente durante la lavorazione; il secondo, invece, ruota
intorno alla spavalderia di Bernini: si dice, infatti, che realizzò il secondo
busto in pochissimo tempo, dopo aver presentato il primo “difettoso”, per voler
dimostrare a tutti la sua ineguagliabile maestria.
Uscita dal Gabinetto, sono
rimasta abbagliata, nel senso letterale, dalla Galleria degli Specchi (2°
braccio): ampie finestre che si aprono su entrambi i lati vengono incorniciate
da specchi preziosissimi, fatti venire appositamente da Venezia agli inizi del
Settecento, con grande impegno economico anche per il delicato trasporto. La
profusione dell’oro e il riflettersi della luce negli specchi, generano una
grande profondità prospettica, di grande impatto ancora oggi.
La sontuosa Galleria degli Specchi foto di Martina |
Seguono le quattro Salette
sul Corso, appartenenti al cinquecentesco palazzo e restaurate agli inizi del
Settecento in modo tale che fossero proprio in asse con la Galleria degli
Specchi. Attualmente vi è collocata una selezione delle opere più significative
che decoravano le ville suburbane dei Pamphilj. Menzione speciale va fatta ai
tre capolavori giovanili del Caravaggio qui esposti: la “Maddalena Penitente”,
“Riposo dalla fuga in Egitto” e “San Giovanni Battista”.
Eccoci giunti al terzo
braccio, la Galleria Pamphilj, anch’essa decorata da Genesio del Barba negli
anni trenta del Settecento. I quadri qui disposti sono di autori dai nomi
altisonanti: Guercino, Correggio e Pieter Bruegel, solo per citarne alcuni.
Volgendo gli occhi da un lato e dall’altro, incontro lo sguardo severo di
Olimpia Maidalchini Pamphilj, immortalata dall’Algardi in un pregevole busto
marmoreo.
TIP: ti ricordi chi era questa donna, intraprendente al limite dell’arrivismo? Olimpia sposò il fratello di papa Innocenzo X, Pamphilio Pamphilj; alla sua morte, il papa affidò alla donna l’amministrazione dei beni della casata e non solo: la Maidalchini divenne sua consigliera e la figura più influente del suo entourage. Questo attirò feroci critiche da parte dei detrattori del pontefice, tanto che, alla morte di Innocenzo X, donna Olimpia dovette fuggire da Roma verso il suo feudo di San Martino al Cimino, dove morì di peste.
Veniamo all’ultimo braccio, il quarto, ossia la Galleria Doria, le cui pareti sono arricchite da altri capolavori, tra i quali spiccano le tavole di Jan Brueghel.
Passeggiare per questa antica dimora nobiliare ci consente di godere del suo secolare splendore: Roma nasconde sempre dei tesori, l’importante è non rinunciare alla curiosità di scoprirli.
Sei d’accordo con me?
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